26 dicembre 2012

The Fifty Shades Saga: "Cinquanta sfumature di Nero" e "...di Rosso" di E. L. James



La colpa è tutta vostra!!! Perchè avete apprezzato e commentato con entusiasmo la prima recensione di “Cinquanta sfumature di Grigio”. E io mi sono montata la testa e mi sono detta “Perché non replicare il successo leggendo anche il secondo libro della saga e regalando alle mie lettrici un’altra recensione di quelle toste?”. Quindi, come potete vedere, il mio sacrificio è stato mosso dalle più alte finalità intrattenitive del mio pubblico... (o forse è tutta vanità?) Scopriamo insieme se è stato immotivato…

“Cinquanta sfumature di Nero”

Cinquanta sfumature di Nero è stata una vera tortura: e non lo dico perché voglia farvi sentire ulteriormente in colpa, ma perché davvero non mi passava più. Ero recalcitrante di fronte all’esile trama che a tratti sembrava addirittura scomparire sotto al cumulo orgiastico (è proprio il caso di dirlo) di descrizioni degli amplessi dei due protagonisti. Per carità, non mi aspetto che nessuna lettrice di questi libri voglia definirsi un’educanda, ma vi assicuro che tutta questa serie di rapporti ripetuti e allucinanti era incresciosa, e nauseante, e soffocante.
All’inizio volevo contarli, in media ce n’era uno ogni 3 pagine.
All’80esimo mi sono arresa.

Ero recalcitrante anche di fronte alla ripetizione costante e morbosa delle formule “Non morderti il labbro”, “Mi prudono le mani”, “Stai alzando gli occhi al cielo?”, “Sei così pronta!”, “Hai fame? Non di cibo”……cioè vedete? Ve ne state rendendo conto? Le ho imparate a memoria!!! E NON VOLEVO! E’ stato come un morbo che piano piano si è infilato nel mio codice genetico attaccando le mie difese immunitarie e sottomettendomi a questo formulario da peggior film soft porno anni ’80.

Nonostante il disgusto per la modalità narrativa, per lo sciorinamento di pessimo gusto del denaro (in epoca di crisi, quella cretina dell’autrice ha addirittura osato inventarsi che il protagonista guadagni 100.000$ al giorno), per la banalità e per tutte le altre amenità che ho già elencato, mi sono fatta forza e sono andata avanti. Ma l’ho fatto con rabbia, la stessa che trasuda da queste righe.
Se nel primo capitolo della saga ero riuscita ad astrarmi, prendendo le distanze dalla vicenda e commentando con ironia il libro, qui mi accorgo che la mia recensione è più che altro uno sfogo frustrante e frustrato della fatica con cui sono arrivata alla fine.
E quando pensavo che tutto si sarebbe concluso lì e che avrei potuto tranquillissimamente fare a meno del terzo libro, ecco che quella bastarda, succhiasoldi, opportunista scrittrice del cacchio si è inventata le pagine 580-594 in cui ha condensato l’UNICO spunto interessante della vicenda.
E poi il libro è finito.

“Cinquanta sfumature di Rosso”

L’epilogo era prevedibile. Meno di un’ora dopo aver finito il 2 ero a comprare il 3, con anche un po’ di vergogna alla cassa. Mi sentivo gli sguardi della gente addosso: “Va quella, che pervertita, si è già letta gli altri 2 libri e ora si compra il terzo” “Ma come, non le è bastato?” “Si vede che non capisce niente di libri!”
Quindi nascondendo il pacchetto nella borsa sono tornata a casa piena di rimorso… tuffandomi nel libro per vedere come sarebbe proseguita la vicenda.
E sono stata punita.
Prima, mi sono dovuta sorbire tutta la descrizione del viaggio di nozze dei 2 protagonisti. Ah, come, non ve l’avevo detto? I 2 si sposano… Noooo, davvero? Sì.
Si sposano, il sesso (thanks, God) diminuisce, fanno pure un figlio. Ribadisco, come Twilight, ma senza vampiri.

Il terzo libro in pratica diventa come un apparecchio per i denti, qualcosa che fa male, per cui tutti ti prendono in giro, e che soprattutto ti toglie il sorriso. Ma ce l’hai, e non puoi farci niente.
Rispetto agli altri, qui e là l’autrice riprende piccoli spunti di quello che dovrebbe essere il “mistero” alla base della storia, il motivo per cui ostinatamente si va avanti con la lettura, che culmina con l’episodio del rapimento in cui la nostra eroina (?) dà prova di coraggio.
Saranno si è no 10 pagine. Sommate alle 14 sopra citate del libro precedente abbiamo fatto un racconto breve. Questo è un suggerimento per l’autrice: potevi finirla qui.

Sono in vena di suggerimenti, quindi ne darò un altro non richiesto, ma in fondo questo è il mio blog: ma tu ci hai voluto regalare quella perla di rivisitazione dei primi capitoli del libro raccontati dagli occhi di Christian e non di Ana perché pensavi di farci un regalo??? Ma ti rendi conto che è stato l’unico spunto creativo della saga e che se avessi costruito così, con doppio narratore, tutti e 3 i libri avresti raccolto un consenso letterario e non solo di botteghino??
La smetto, è fiato sprecato.

The LR advice: dopo questa recensione sono scorata, non me la sento di consigliarvi neppure di NON leggere i libri! È come dopo una brutta litigata col fidanzato… ma per favore, non parlatemi di sesso riparatore!!!

27 novembre 2012

"Via Chanel N°5" di Daniela Farnese


Premessa:
SCUSA! Scusa, Tazio, tu che mi hai regalato questo libro e che lo hai fatto con affetto pensando di farmi cosa gradita, scusa! Scusa perché adesso io lo distruggerò con questa mia recensione!!! Ma tu non avertene a male, a volte anche i titoli e le copertine più accattivanti nascondono sorprese.. bruttissime sorprese! Ma come diceva Topolino: “Tutti sbagliano, altrimenti non ci sarebbe la gomma in cima alle matite”.

Recensione:
Per iniziare la mia recensione ho bisogno di un documento, che chiameremo PROVA N°1, ed è questo: la foto che l’autrice ha deciso di mettere nella controcopertina……….. 


Dalla quantità di puntini potete ben capire che la foto si commenta da sola!
A rischio di sembrare cinica, vi dirò che penso che una che sceglie una foto così per corredare la sua prima opera letteraria non è che sta messa proprio tanto bene!! Dalla famosa Dottoressadania.it in effetti mi aspettavo qualcosa di più… (A’ Dania… continua a fa’ la blogger che te riesce mejo!!)

Passiamo ora alla PROVA N°2: trattasi dell’insana passione della protagonista per Coco Chanel. Sinceramente sembra proprio un pretesto trovato dall’autrice per citare nel titolo un marchio famoso… e visto che di “Tiffany qualcosa” ne avevano già fatti tanti…

PROVA N°3: si conferma che nella maggior parte dei casi le scrittrici italiane che si occupano di questo genere letterario non ne sono assolutamente all’altezza, lo banalizzano riempiendo le storie di clichè e scimmiottano le colleghe d’oltreoceano (o d’oltremanica) che invece sanno dosare sapientemente gli scenari cult delle commedie d’amore con spunti personali e inediti.

In sostanza, il libro attinge a piene mani dalla “letteratura” di Sex and the City, de Il diavolo veste Prada, di Bridget Jones, veri e propri capisaldi del genere, che per carità tantissimi rievocano, ma insomma almeno facendo uno sforzo di rielaborazione. Invece qui la protagonista sfigata cronica come Bridget, ma figa nell’anima come Andrea alla corte di Runway, si veste in modi eccentrici e ricercati (e la descrizione degli abiti viene fatta in pieno stile Carrie), approda a Milano alla ricerca dell’amore, viene tradita (questo del tradimento sto notando che è l’incipit di quasi tutti gli ultimi libri, come se fosse il necessario step 1 per un processo di catarsi delle protagoniste), fa innamorare quello che crede essere un fattorino e invece è guarda caso il CEO dell’agenzia dove lavora, arriva a un successo strepitoso sul lavoro e alla fine preferisce rimanere sola che mal (?) accompagnata. C’è pure una morale, te capì??

Su quest’ultima nota di “milanesità”, porto a giudizio della Corte la PROVA N°4, ovvero che tutta la storia è ambientata a Milano anche se ha una disperata voglia di esserlo altrove. La mia cara città natale viene descritta ben più viva, moderna e dinamica di quello che purtroppo in realtà è. Va bene, vieni da Napoli e pensi che Milano sia cosmopolita e fervida, e probabilmente rispetto a Casalecchio sul Reno lo è, ma fidati, la Milano che hai descritto nel libro non c’è!! Descrivi Milano, ma sogni New York… e allora ambientalo lì sto benedetto libro no?? Almeno non correrai il rischio di fare la gaffe di piazzare “un’agenzia d’eventi di 3 piani in Viale Zara” dove, permettimi di dirlo, ma gli unici eventi per cui la via è famosa sono quanto di più lontano ci sia dal wedding planning….

Con quest’ultima arringa volevo difendere la Mia Milano (o forse così facendo non l’ho poi così tanto adulata? Mah..), ma questo solo per dimostrare come anche questo sia uno dei tanti dettagli che è stato trascurato da un’autrice banale, approssimativa e poco fantasiosa, che ha messo in piedi una storia stucchevole, piena zeppa di clichè, di già visto e di avvenimenti così tanto prevedibili (ma Dio mio, pure l’amica che si scopre lesbica… ormai non se la fa più mancare nessuno eh??) che tolgono qualsiasi curiosità nella vicenda e finire di leggere il libro diventa un’impresa di pura forza di volontà.

The LR advice: Signore e signori della Corte, il mio giudizio è implacabile. Propongo la massima pena per un libro: al rogo. E pubblicamente se possibile. Ho terminato.

6 novembre 2012

"Cupcake Club" di Roisin Meaney



Di solito mentre leggo un libro mi appunto mentalmente episodi che mi hanno colpito, le sue caratteristiche strambe o qualche spunto ironico con cui iniziare la mia recensione…. Stavolta: ZERO! Volevo un appiglio sorprendente con cui fare “Signore e signori, la sorpresa è...” ma nulla! Il libro è una lunga ed eterna... telenovela.
Sì, ho detto TELENOVELA. Aspettate ve lo scandisco: te-le-no-ve-la.
Non c’è un protagonista, lo sono tutti. Si tratta di almeno 9 o 10 storie parallele che si intersecano e si infilano una dentro l’altra come i calzini nella lavatrice. E non capitemi male, non è affatto brutto eh? Solo che… non ero preparata! Da qui probabilmente deriva il mio disorientamento nel recensire il libro, ma andiamo avanti.

Il titolo c’entra poco o niente con lo svolgimento della storia: pensavo si sarebbe parlato di ricette, topper, glasse e creme di burro, ma invece le adorate “tortine” (come le chiamano nel libro) svolgono un ruolo davvero marginale, peccato! Quanto alle 9 storie degli almeno 15 protagonisti del libro, devo dire che sono coinvolgenti e talvolta anche piuttosto crude: sembrava proprio di vedere “Sentieri” o qualche altra soap-opera del genere, un po’ più realistica e meno sdolcinata (d’altra parte né i cupcake né zucchero o affini come ho già detto c’entravano niente!!), ma altrettanto zeppa di avvenimenti. 
Il libro infatti era così pieno di –letteralmente- “cose che succedevano”, che ho un po’ accusato le oltre 400 pagine, arrivando boccheggiando alla fine… era davvero troppo!
In ogni caso, se proprio non vogliamo degradare al ruolo di “telenovela” questo libro e ne vogliamo difendere l’onore, lo possiamo assimilare a un telefilm (sì, meglio, mi sento già meno in colpa a definirlo così).

Sapete no che nei telefilm c’è sempre un inizio scoppiettante perché devono lanciare la “puntata pilota”? Ebbene, qui c’è: la protagonista viene lasciata la sera del suo compleanno.
Ho un'idea: giochiamo al gioco CE L'HO/MANCA, come si faceva da piccoli con le figurine, e vediamo che tratti da telefilm ha questo libro!
Poi nei telefilm c’è un dispiegamento della trama. CE L’HO: la storia si evolve e vengono snocciolati i personaggi, descritti i rapporti di forza, aperto il famoso “Cupcake Club” (è un negozio, btw).
Circa a metà serie nei telefilm bisogna risollevare l’audience, e quindi ecco che succede qualcosa di estremamente drammatico: muore qualcuno, c’è un incidente, una violenza, un disastro naturale (avete presente Grey’s Anatomy?) e viene fatta una puntata doppia, 1° e 2° parte tutte incentrate su questo fattaccio. CE L’HO: uno dei protagonisti, ubriacone non dichiarato, falcia in macchina un bambino di 4 anni. Tragedia (tra l’altro è una delle parti più vivide del libro ed è raccontata in modo estremamente toccante).
In genere nei telefilm le puntate dopo sono “Il disorientamento di amici e parenti” (CE L’HO), “Il funerale” (CE L’HO), "L’emarginazione dei responsabili” (CE L’HO), “Il ritorno alla routine” (CE L’HO), quando appunto succede un nuovo evento che risconvolge l’ordine delle cose, ma stavolta in maniera più soft e meno epocale, come un tradimento (CE L’HO), la nascita di un bambino (cavolo… CE L’HO pure questa) o un amore che nasce (ehi, ma è uno scherzo?... CE L’HO!).
Infine, al termine di ogni buon telefilm c’è un momento o di suspance che prelude alla seconda serie, o di rimessa in ordine delle cose (sempre comunque senza mai chiudere del tutto gli avvenimenti, non si sa mai che si trovino gli sponsor per fare una seconda stagione)… e indovinate un po’? CE L’HO!!!

Come avrete potuto notare, quindi, oltre che essere una grande esperta di telefilm, ho completato un album virtuale di analogie tra il libro e la struttura tipica degli sceneggiati TV. E inoltre, se vogliamo dirla tutta, vi ho anche svelato una ricetta. No, non per il cupcake perfetto, ma per un nuovo genere letterario/cinematografico: il tele-libro-film. Buona visione...ops volevo dire... lettura!

The LR Advice: se siete fan di Grey’s, Nemiche Amiche, Touch (o anche se siete rimasti all’epoca di Friends), buttateci un occhio, e non dispiacetevi se di cupcake non ne sentirete manco l’odore. Promosso, ma con riserva. 

8 ottobre 2012

"Un uso qualunque di te" di Sara Rattaro



Può un pugno nello stomaco lasciarti un’impressione positiva?
La risposta è sì, a volte può.

Prima di tornare a giurare e spergiurare che questo per un po’ sarà l’ultimo libro della sezione “Deviazioni dal genere” e che dal prossimo tornerò alla narrativa romantica che tutte preferiamo, lasciatemi parlare un po’ di questo libro.
Lo ammetto, ero prevenuta: non era il classico libro nelle mie corde e poi era decisamente troppo breve (io sono un tipo dalle 400 pagine in su perché ho bisogno di un certo senso di rassicurazione dai libri, della certezza che per un po’ mi terranno compagnia) e poi, dulcis in fundo, era di una scrittrice italiana! A parte l’adorata Sveva C.M., sono sempre stata reticente nei confronti della letteratura nostrana, esterofila fino all’osso come molti italiani, ecco, io lo sono nella narrativa. Ma mia sorella (la responsabile dell’acquisto del libro in questione) me l’ha passato e ho deciso di fidarmi.
E quindi eccomi qui. Per questo libro non riesco a essere frizzante e ironica come nelle altre recensioni, perchè la verità è che mi ha davvero colpita.
Praticamente è scritto come un monologo interiore, un flusso ininterrotto, una lettera aperta alla figlia da parte della protagonista (angelo? coscienza un attimo prima di morire?) in cui ripercorre passato remoto e presente agghiacciante in un unico streaming di pensieri e parole.

Per farsi coinvolgere dalla storia e dalla lucidità con cui la protagonista si racconta, bisogna cercare di soprassedere allo stile “opulento” in termini di ricchezza di parole dell’autrice, e resistere ai conati di vomito causati dall’indigestione di sinonimi e contrari propinati per spiegare, sviscerare, decodificare e puntualizzare ogni singola emozione (…ehm…appunto!!! Mi deve avere attaccato una sorta di virus da reiterazione verbale compulsiva! AHHHH!)
Sarà che a noi italiani ci piace parlare (popolo di santi, poeti, navigatori e.. chiacchieroni!) ma la fanciulla, con tutte ste sue pile di vocaboli, di sinonimi e di metafore, rischia di invadere la storia con il proprio stile narrativo e di distrarti proprio nel pieno della lettura (come quando a metà libro si è cimentata in un Guinness World Record personale nell’individuazione di sinonimi della parola “vischioso”…)

Comunque, mi accorgo ora che a tre quarti di recensione ancora non ho parlato del libro, lo stile dell’autrice mi ha inseguita fin qui. Aiuto. Il libro in realtà è parecchio bello, e -come cercavo di dire- una volta superata l’impasse iniziale  la storia ti si avviluppa attorno come una pianta rampicante e ti sciocca profondamente. E’ tanto più scioccante perché una madre-ragazzina (che ragazzina d’età non è, ma di testa sì), in un singolo giorno comprende tutta la propria vita e i propri errori, li denuncia per prima a se stessa e poi a figlia e marito anche se in questa forma onirica di lettera aperta, e infine pone fine alla propria esistenza tagliando di netto la saga di egoismo che l’aveva sempre caratterizzata.
Bravi, finalmente un personaggio complesso, introspettivo, magnetico (aridaje con i cumuli verbali, vabbè, non c’è una cura è evidente, meglio fermarsi qui prima di straripare in tutto il blog).

The LR advice: come diceva l’eterno Monsieur Ego in Ratatouille

“Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco, pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio; prosperiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale.”

Care lettrici, non fidatevi della mia recensione così lunga e che rende così poca giustizia al libro, le recensioni negative sono "uno spasso da scrivere e da leggere", mentre quelle positive sono sempre le più difficili. Fidatevi solo del mio consiglio: leggete il libro, non ne rimarrete deluse.

27 settembre 2012

"Cinquanta sfumature di grigio" di E. L. James



Che cosa potrei mai dire di un libro su cui sono già stati spesi milioni di parole, di cui è già in corso la trasposizione cinematografica, di cui il numero di copie vendute supera quello di Harry Potter?
Probabilmente non dovrei dire niente… ma non tanto per questi motivi quanto perché…. Io non ci ho capito niente!!!

Mi sono chiesta mille volte perché non riuscissi a stare dietro alla sottile (nel senso letterale del termine, che “manca di spessore”) trama del libro, senza riuscire a entrare veramente nelle pieghe della storia, senza riuscire a immedesimarmi almeno un pochino nella mentalità (contorta) dei protagonisti. Ebbene, dopo lunghe riflessioni l’ho capito: signore e signori, sto invecchiando!!
Ahimè, sono troppo vecchia per credere ancora alle “favole”, per quanto siano travestite da storie erotico-dark, l’adolescenza ormai è finita da un pezzo.

Sì, adolescenza, perché questo è un libro adolescenziale! Non fatevi trarre in inganno dal sesso, dalle inclinazioni sadiche del protagonista (perché alla fine poi i due fanno solo un po’ di bondage con qualche sculacciata qua e là…) e dalle descrizioni piccanti: qui abbiamo tutti i classici ingredienti per una storia adolescenziale.
Mi spiego (non vorrei essere fraintesa): abbiamo un protagonista bello, miliardario, affascinante, misterioso e pure col ***** lungo… praticamente Batman!! E poi abbiamo lei, giovane, inesperta, studiosa, timida, indifesa, e ovviamente… vergine!
Tra i 2 scatta una passione esagerata inframmezzata da voli spericolati, salvataggi stile “donzella in pericolo”, cambi di umore repentini e soldi a palate… insomma -come per ammissione dell’autrice stessa- Twilight. Con in più il sesso. Ma senza vampiri.

E anche nella parte erotica il libro è deludente.. cioè.. non è così sconvolgente come lo hanno venduto! 10 anni fa una mediocre Melissa P. scriveva di rapporti molto più appassionanti.. ma forse era solo perché ormai (e dirò un’ovvietà) ci sono sempre meno tabù e meno inibizioni.

Prima ho parlato di favola: non che sia un racconto per bambini, sia chiaro, ma.. che cosa vuole essere? Ecco io penso che voglia essere la solita versione moderna trita e ritrita della “favola” della fanciulla innocente che si innamora dell’orco (che stavolta troppo orco neppure è) e che, animata da santo spirito da crocerossina, cerca di redimerlo e di “salvarne l’anima”. Nel farlo, passa tutte le sfumature umorali che la letteratura è in grado di descrivere, dall’ansia, al tormento, al pathos, alla gelosia, all’eccitazione (e credetemi, lei ha un problema, perché è SEMPRE eccitata).

Insomma, che cosa mi racconta di più questa storia? Che il protagonista maschile è un pervertito sessuale? E allora perché cede praticamente alla prima sera al fascino della ragazza e si fa irretire dal suo cuore puro? Allora mi racconta che lei è talmente innamorata che è disposta a tutto per amore, anche a farsi fare del male? E allora perché cambia idea 100.000 volte, in modo stranziantemente esasperante per il lettore, sul fatto di accettare o meno il fantomatico “contratto”?
Ve lo dico io cos’è dunque il “di più” che ci racconta questa storia: che adesso vanno di moda le trilogie, per cui per sapere come finirà la vicenda ti devi sciroppare non un libro, ma ben 3!

The LR advice: questo è uno di quei libri che bisogna leggere perché, volente o nolente, salterà fuori per i prossimi 3 mesi come argomento di conversazione in una qualunque cena, uscita, serata o altro momento di ritrovo di qualsivoglia genere. Dunque se lo si vuole criticare, bisogna sapere di cosa parla. Un po’ come per Il codice Da Vinci, bello o brutto, va letto, è una questione di sopravvivenza sociale.
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