Che pasticcio… un post senza incipit scoppiettante è come
il caffè con lo zucchero… assolutamente banale! Il problema è proprio che… a
qualcuno piace dolce, il caffè come la narrativa e così nascono i peggiori
errori letterari (e di conseguenza le peggiori recensioni).
Sì, senza dubbio questa sarà la peggiore recensione del
blog, non foss’altro perché ci ho messo due terzi di libro a capire a cosa si
riferisse il titolo. Lo volete sapere? Dai… provate a indovinare! Vi do qualche
indizio:
- la
protagonista è uno di quei classici personaggi del “vorrei ma non posso”,
carina ma non mozzafiato, lavora nella redazione di una rivista di moda ma
avrebbe voluto scrivere di argomenti più seri, ha avuto solo il fidanzato delle
superiori e poi è rimasta single a vita…
- l’autrice
(tramite le parole della protagonista, perché il libro è scritto in prima
persona, cosa che trovo davvero azzardatissima) si scaglia 100 volte contro “Cinquanta sfumature di grigio” (che by the way in un certo senso, come darle
torto?) ma solo perché istigava a pratiche di tipo sadomaso
- la
tramina della sovracopertina recita: “Amy
ha trent’anni, è single e lavora nella redazione della celebre rivista
Newyorkese di gossip Manhattan Rumors. Colette, la stravagante direttrice del
giornale, è sempre alla ricerca di nuove idee che attirino i lettori. E così
Amy si ritrova con un incarico davvero fuori dal comune: dovrà fare
un’inchiesta sui sex toys e cercare di strappare piccanti interviste alle
celebrità. Il problema è che Amy è totalmente a digiuno in materia di
giocattoli erotici…”
Allora l’avete capito cos’è che a qualcuno piace dolce?
Il sesso, signore e signori.
Ma scusa, un tempo il sesso dolce non si chiamava fare l’amore? …Si vede che sono proprio invecchiata.
Ma scusa, un tempo il sesso dolce non si chiamava fare l’amore? …Si vede che sono proprio invecchiata.
Coooomuuuunque….. evidentemente a “qualcuno piace” anche
sfrangiarsi le palle (espressione personalmente coniata) con un libro che
riesce a raccogliere la peggior congerie di cliché della narrativa chick-lit.
Sì, quel qualcuno sono io.
Ma possiamo dire che mi sono sacrificata per la patria
(intesa come il blog). Il vero problema è che il libro è senza né capo né coda:
innanzitutto il problema è che le autrici italiane che cercano di ambientare i
propri libri a NY finiscono per incappare nei luoghi comuni di Sex & the
City e mille altre serie tv che oramai hanno odore di stantio. Poi, come si può
pensare di scrivere un libro per lanciare una moda uguale e contraria a quella
di “50 sfumature”? Ho capito la volontà di essere in controtendenza, ma allora
quella scelta la devi argomentare, devi entrare nei dettagli e “sporcartici le
mani”. Invece in questo libro l’autrice rimane sempre superficiale, come una
farfalla che non voglia posarsi sul pelo dell’acqua, e alla fine come troppo
spesso accade si continua a leggere solo per vedere se prima o poi succede
veramente qualcosa di inaspettato.
La consolazione di questo tipo di libri è che, così come
sono stati scritti, con la stessa lievità passano, senza lasciare traccia. So
che non è questo il risultato a cui ambisce nessuna scrittrice, ma tant’è… non
potevo proprio esimermi dal commentarlo così…