21 febbraio 2015

"A noi donne piace il rosso" di Daniela Farnese


Non gli avrei dato alcun credito... sono seria!! Dopo la terribile esperienza con "Via Chanel N°5" mi ero ripromessa di chiuderla qui con questa autrice. E invece sono stata smentita!!
Allora, andiamo per gradi: la storia è davvero molto, e dico molto, stereotipata, ma assolutamente gradevole.

Per chi l'avesse visto, è una sorta di versione femminile del film "Un'ottima annata". Per gli altri, faccio qualcosa che non faccio quasi mai, ovvero riepilogo la trama in breve: lei Newyorkese doc (ma italo americana di nascita) viene richiamata in terra natia per riscuotere l'eredità del nonno defunto. Trattasi men che meno di una tenuta agricola in cui si produce il vino più buono del Veneto (apperò... i colpi di c**o solo nei libri evidentemente). Ammaliata dai ritmi campagnoli e inebriata dai fumi del vino, trova l'amore ritrovando un vecchio compagno di giochi cresciuto in versione Raul Bova (ribadisco la storia dei colpi di c**o). Alla fine molla tutto e resta nel bel paese col bell'innamorato, e vissero sempre felici e contenti.

Ok, scontatissimo direte voi. E allora perchè mi è piaciuto? Non lo so bene neanche io: sarà stato tutto quel parlare di vino, di sapori, odori e rumori di campagna, ma questo libro ha avuto davvero un effetto taumaturgico, è stato un balsamo per scollegarsi dalla realtà e... rallentare, esattamente come fa la protagonista scappando dai ritmi frenetici di NY.

Rallentare... un sogno, un'ambizione, il più delle volte un'utopia. 
In realtà penso che questo libro non volesse veramente comunicare tutto quello che ho provato prima leggendolo ed ora ripensandoci, ma in fondo è come un buon bicchiere di vino: puoi berlo così com'è senza farti troppe domande, oppure guardarne il colore, farlo roteare nel bicchiere, sentirne il profumo e poi gustarlo a piccoli sorsi per carpirne i segreti. 

Chi l'avrebbe mai detto che Daniela Farnese sarebbe riuscita in un'impresa così? Forse il merito è del mix di ingredienti che ha saputo dosare: una trama per l'appunto non troppo complessa, un personaggio che si presta all'immedesimazione, ma soprattutto un setting conosciuto. Si vedeva che la scrittrice si muoveva a suo agio tra le pieghe del racconto finalmente ambientato in una realtà a lei nota.
Quando avevo letto "Via Chanel N°5" invece, la sensazione era stata quella di leggere una storia "ambientata a Milano ma con una disperata voglia di esserlo altrove". In sostanza scimmiottava i classici di New York ambientandoli in una Milano che (ahimè) purtroppo ancora non esiste. Stavolta invece la scelta di una dimensione provinciale ha aiutato la nostra Daniela e la storia si è fatta finalmente "verosimile".

Non oserei mai dire che ho qualche merito in questa vicenda, ma mi piace cullarmi nel sogno che l'autrice abbia fatto tesoro (anche) dei miei consigli per adottare questo cambio di rotta: chissà, forse le hanno fatto notare in tanti le pecche del primo libro ed è riuscita a correggerle creando qualcosa di veramente piacevole. Sarò curiosa di leggere il prossimo!

PS: sono felice di constatare che un altro dei "miei" consigli è stato preso in considerazione.. guardate la nuova foto che l'autrice ha messo in quarta di copertina, rimpiazzando l'obrobrio precedente... questa sì che è una bella foto e rende onore al libro!


The LR advice: andate tranquille, vale la pena farne una lettura accompagnata da un buon bicchiere di vino!! Piccolo consigglio aggiuntivo: resistete nella parte iniziale, quella più noiosa e scontata, e iniziate a godervelo dal trasferimento a Verona in poi. Santé!
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