16 settembre 2014

“A qualcuno piace dolce” di Laura Schiavini


Che pasticcio… un post senza incipit scoppiettante è come il caffè con lo zucchero… assolutamente banale! Il problema è proprio che… a qualcuno piace dolce, il caffè come la narrativa e così nascono i peggiori errori letterari (e di conseguenza le peggiori recensioni).

Sì, senza dubbio questa sarà la peggiore recensione del blog, non foss’altro perché ci ho messo due terzi di libro a capire a cosa si riferisse il titolo. Lo volete sapere? Dai… provate a indovinare! Vi do qualche indizio:
-       la protagonista è uno di quei classici personaggi del “vorrei ma non posso”, carina ma non mozzafiato, lavora nella redazione di una rivista di moda ma avrebbe voluto scrivere di argomenti più seri, ha avuto solo il fidanzato delle superiori e poi è rimasta single a vita…
-       l’autrice (tramite le parole della protagonista, perché il libro è scritto in prima persona, cosa che trovo davvero azzardatissima) si scaglia 100 volte contro “Cinquanta sfumature di grigio” (che by the way in un certo senso, come darle torto?) ma solo perché istigava a pratiche di tipo sadomaso
-       la tramina della sovracopertina recita: “Amy ha trent’anni, è single e lavora nella redazione della celebre rivista Newyorkese di gossip Manhattan Rumors. Colette, la stravagante direttrice del giornale, è sempre alla ricerca di nuove idee che attirino i lettori. E così Amy si ritrova con un incarico davvero fuori dal comune: dovrà fare un’inchiesta sui sex toys e cercare di strappare piccanti interviste alle celebrità. Il problema è che Amy è totalmente a digiuno in materia di giocattoli erotici…”

Allora l’avete capito cos’è che a qualcuno piace dolce? Il sesso, signore e signori. 
Ma scusa, un tempo il sesso dolce non si chiamava fare l’amore? …Si vede che sono proprio invecchiata.
Coooomuuuunque….. evidentemente a “qualcuno piace” anche sfrangiarsi le palle (espressione personalmente coniata) con un libro che riesce a raccogliere la peggior congerie di cliché della narrativa chick-lit. Sì, quel qualcuno sono io.

Ma possiamo dire che mi sono sacrificata per la patria (intesa come il blog). Il vero problema è che il libro è senza né capo né coda: innanzitutto il problema è che le autrici italiane che cercano di ambientare i propri libri a NY finiscono per incappare nei luoghi comuni di Sex & the City e mille altre serie tv che oramai hanno odore di stantio. Poi, come si può pensare di scrivere un libro per lanciare una moda uguale e contraria a quella di “50 sfumature”? Ho capito la volontà di essere in controtendenza, ma allora quella scelta la devi argomentare, devi entrare nei dettagli e “sporcartici le mani”. Invece in questo libro l’autrice rimane sempre superficiale, come una farfalla che non voglia posarsi sul pelo dell’acqua, e alla fine come troppo spesso accade si continua a leggere solo per vedere se prima o poi succede veramente qualcosa di inaspettato.

La consolazione di questo tipo di libri è che, così come sono stati scritti, con la stessa lievità passano, senza lasciare traccia. So che non è questo il risultato a cui ambisce nessuna scrittrice, ma tant’è… non potevo proprio esimermi dal commentarlo così…

The LR advice: vorrei dire che il consiglio è di sorvolare sul libro, ma mi dovete promettere che lo farete solo dopo aver letto la recensione… dopo questo sforzo ho bisogno di coccole morali… sarà che è rimasta attaccata anche a me un po’ di voglia di “dolcezza”?
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