5 maggio 2013

"Léonie" di Sveva Casati Modignani


Quando ho aperto il blog ho pensato con un misto di amore e terrore che avrei dovuto rileggere tutti i libri della Sveva Casati Modignani accumulati negli anni e che campeggiavano sulla mensola in camera. Quando mi sono resa conto che l’impresa sarebbe stata immane (e immotivata, anche per una persona iper pignola come me), ho lasciato perdere anche abbastanza a cuor leggero, giustificandomi tra me e me col fatto che, se avessi voluto veramente recensirli tutti, avrei dovuto aprire una sezione apposita del blog. Sbatti.

Però quando a Natale mi è arrivato "Léonie" si sono riprensentati 3 ordini di problemi:
1)   come riprendere fra le mani un libro della Sveva dopo anni che avevo deciso di darci un taglio
2)   come recensirlo senza fare riferimento a tutti i libri precedenti
3)   come catalogarlo nel blog

Insomma, quesiti degni di una tesi di laurea e che necessitano l’apertura di una parentesi nel blog… l’ennesima!!! (Sì, io sono la donna delle parentesi, degli incisi e di una scrittura ipotattica, irrimediabilmente ipotattica).
Siccome sarà lunga, avrà addirittura l’onore di essere una parentesi quadra.

[La Sveva: noterete che io la chiamo così, amichevolmente, come una vecchia vicina di pianerottolo da cui si bussa per mangiare la crostata il sabato pomeriggio dopo averne sentito l’odore. Emh no, io non ho mai bussato a casa dei vicini per scroccare del cibo (nonostante abbia un olfatto ipersensibile), ma la metafora mi piaceva, per cui poche domande ok?!
Dicevamo, la Sveva: il mio rapporto con lei è iniziato in un lontano pomeriggio di pioggia in montagna quando, entrata nella camera della nonna, ho visto un vecchio libro probabilmente regalato con “Oggi”, “Gente” o cose così, che si intitolava “Il Barone”. Gli ho dato una possibilità… ed è stato amore a prima vista!
Per ANNI non ho fatto altro che leggere lei, e cara grazia che avevo 20 anni di suoi libri arretrati da centellinare! Me li sono passati tutti, gustandomi la sua capacità di studiare intricate vicende familiari che si snodavano nell’arco di un secolo e mezzo in un’Italia che non ricordavo se non nei racconti di nonni e genitori. Una pittrice dei tempi andati, una scrittrice di romanzi storici ma d’amore, di racconti di formazione ma romantici, insomma: l’inventrice di un genere.
Poi però come tutte le cose belle fatte troppe volte, è diventata un po’ ripetitiva, probabilmente è invecchiata, i suoi libri hanno perso di freschezza e in più, da quando la cara Bice (si chiama così) è rimasta vedova (pace all’anima del marito suo) i suoi libri hanno perso anche quella scintilla di malizia e di brio piccantello che li rendeva speziati come il cioccolato al peperoncino. E quindi, pian piano, il nostro amore si è interrotto.]

"Léonie" dicevamo: un esperimento, un riavvicinamento alla Sveva dopo anni di stop. E posso dirvelo care Lettrici: una delusione. Ora mi ricordo peeeerfettamente del perché avessi smesso di seguirla.
Anyway, i libri della Sveva si fanno leggere sempre con estrema scorrevolezza e quindi molto velocemente, anche se aleggiano sulle 500 pagine, e qui va tutto onore al merito all’autrice che effettivamente sa scrivere gran bene, ma sono prosaici, buonisti, artefatti… possibile che me ne accorga solo ora? O è la Sveva che si è raggrinzita su un genere ormai arido di frutti?

Questo è uno dei tanti libri in cui mi lamento del fatto che non succeda niente, ma nel caso della Sveva è ancora peggio perché lei dipana la storia su un secolo e mezzo di tempo, con almeno 3 o 4 protagoniste femminili e con sproloqui che si aggirano sul mezzo migliaio di pagine… aiutatemi! Anzi, aiutatela!

So di essere troppo dura con lei, in fondo le voglio bene, la sento un po’ come un’amica, ma bisogna dirle BASTA con la descrizione di famiglie straricche dell’alto borghesia italiana (ma do’ stanno co’ sta crisi ehhh?); BASTA coi dialoghi talmente perfetti, completi e articolati da essere assolutamente inverosimili; BASTA con le storie surreali di uomini e donne che si fanno da soli e che dalla povertà arrivano ai vertici imprenditoriali; ma soprattutto BASTA coi nomi impossibili per i personaggi!!! Ho capito che è il tuo marchio di fabbrica, ma “Amaranta” non si chiamerebbe neppure la figlia del capo ultras della Reggina!
Del libro per il resto c’è proprio poco da dire: non ha i fasti di alcuni illustri storici precedenti come “Come stelle cadenti”, “E infine una pioggia di diamanti”, “Vaniglia e cioccolato”, “6 aprile ‘96”… ma neppure come del più recente “Singolare femminile” (un libro di una bellezza straordinaria, se non l’avete fatto, leggetelo!).

The LR advice: questo è un consiglio sull’autrice, non sul singolo libro: non so se tra voi ci siano delle conoscitrici della Sveva, in tal caso potrete confermarmi o smentirmi. Per tutte le altre: approcciate la Sveva, ma fatelo partendo dai suoi libri più vecchi, quelli degli anni ’80, quelli di quando non eravamo ancora nate o eravamo in fasce. Quelli sì che meritano. A “Léonie” ci potete arrivare anche in un secondo (o terzo) momento.
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